martedì 22 novembre 2016

TUTELARE AMBIENTE E TERRITORIO. UN NO COSTRUTTIVO PER EVITARE RIFORME “IN PEGGIO” DELLA CARTA COSTITUZIONALE.



Il NO chiaro e deciso a questa riforma costituzionale
permetterà un reale cambiamento per l’ampliamento anche all’ambiente e all’integrità del territorio della tutela che l’articolo 9 della Costituzione riserva al paesaggio, introducendo il calcolo dei costi ambientali e sociali indiretti nelle scelte di politica economica, e permettendo a Regioni e Comuni di partecipare alle decisioni relative al proprio destino energetico con l’esercizio della loro sovranità e vocazionalità. 

Il 4 dicembre gli italiani si dovranno confrontare con un quesito referendario del quale l'esito avrà ripercussioni sicuramente  determinanti sulla vita democratica di tutti per questo cercheremo di spie gare perchè noi auspichiamo invece  che  vincano i NO.
Noi riteniamo che il cambiamento di 47 articoli della Costituzione più bella del mondo non possa avvenire nei termini che sono stati posti per gli effetti che la riforma potrà avere sul territorio.

Per questo abbiamo deciso di aderire all'appello ambientalista per il NO

TUTELARE AMBIENTE E TERRITORIO.
UN NO COSTRUTTIVO PER  EVITARE RIFORME “IN PEGGIO”

 DELLA CARTA COSTITUZIONALE.

di Livio De Santoli*

Il 4 dicembre gli italiani avranno occasione di pronunciarsi su una riforma costituzionale che, lungi dal rendere più moderno, veloce ed efficiente il “sistema Paese”, fa piazza pulita di ogni idea federalista e mortifica la tradizione regionalista italiana, imprimendo alle relazioni tra lo Stato, Regioni e Comuni, una svolta centralista.

La riforma riconduce nelle mani esclusive dello Stato molte materie e introduce nell’art. 117 della Costituzione la c.d. “clausola di supremazia”, che consentirà al Governo di sostituirsi per decreto alle Regioni e ai Comuni.

Torneranno di spettanza esclusiva dello stato Stato molte competenze, tra le quali quelle sul governo del territorio, sulla valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, sulle attività culturali e il turismo, sulle infrastrutture strategiche, sull’energia, sul procedimento amministrativo.

In questo modo, il Governo di turno potrà con molta libertà approvare progetti ad alto impatto ambientale senza che le Regioni e i Comuni possano rivendicare il diritto a partecipare a decisioni che riguardano il loro territorio e i loro cittadini.

Da questo punto di vista, la riforma è fallita in partenza perché più centralizzazione equivale a più lentezza e burocrazia non meno, come dimostra chiaramente il caso della famigerata “Legge Obiettivo” che centralizzando le decisioni ha prodotto corruzione e il blocco delle opere inasprendo i conflitti.

Così sicuramente avverrà quando il governo cercherà di imporre sulla testa dei cittadini infrastrutture “strategiche” e grandi opere quali depositi di scorie nucleari, inceneritori, rigassificatori, bruciatori di CSS, reattori nucleari, progetti petroliferi, gasdotti, oleodotti etc. 

Indipendentemente dalla effettiva necessità di tali opere, occorre osservare che la realizzazione di qualsivoglia progetto, che sia realmente utile, chiede trasparenza, condivisione, consenso e partecipazione dei cittadini sia direttamente, attraverso l’interlocuzione con i movimenti sociali e le associazioni nelle quali essi si esprimono, sia indirettamente, attraverso i loro Comuni di riferimento.

Imporre in modo unilaterale scelte non condivise non è affatto lungimirante.

E la riforma finirà per entrare in contraddizione persino con gli obblighi assunti dall’Italia sul piano internazionale per il contenimento delle emissioni in atmosfera di CO2, la decarbonizzazione del sistema produttivo, e la transizione energetica verso un nuovo modello ispirato alla generazione distribuita di energia rinnovabile, all’utilizzo razionale delle risorse del territorio e all’efficienza energetica.

E proprio sul tema dell’energia questa riforma contraddice la storia.

In una fase in cui in tutto il mondo si sta ragionando di transizione verso un modello energetico solare e distribuito, la proposta è caratterizzata da uno spirito reazionario di isolamento dei territori e di negazione della capacità di ogni singolo individuo di partecipare al cambiamento diventando “prosumer” (produttori consumatori) di energia ad fonti rinnovabili distribuite, smart grid con la loro funzione sociale di “rete”, micro-generazioni locali di elettricità e calore, e non più semplici consumatori passivi delegittimati e de-responsabilizzati.

Questo è anche in totale contraddizione con lo sviluppo tecnologico e le nuove strategie energetiche dell’Unione Europea che proprio in questo momento con la Energy Union e il programma “Smart Europe”, va nella direzione di conferire più potere alle autonomie regionali per quanto riguarda le decisioni sui temi ambientali, e prevede un nuovo protagonismo delle Regioni nella realizzazione dei progetti del piano di investimenti e crescita dell’UE.
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l modello regionale di riferimento è quello della Regione Haut de France dove è in corso di realizzazione un piano per una rapida transizione verso una economia digitale circolare e della condivisione di Terza Rivoluzione Industriale.

La riforma su cui votiamo il 4 dicembre costituzionalizza quel processo di svendita dell’ambiente e della salute, che mortifica il dialogo con qualunque opposizione politica e sociale, e che si è espresso con il decreto “Sblocca Italia”, approvato a colpi di fiducia, o con scandalosi trattamenti di favore verso i poteri fossili come l’emendamento pro Tempa Rossa approvato nottetempo.

La riforma non dà spazio ai cittadini, non garantisce una loro effettiva partecipazione alle decisioni che riguardino il loro futuro, non tutela alcun bene comune e considera la tutela dell’ambiente solo dal punto di vista dell’esercizio della competenza.

Il NO chiaro e deciso a questa riforma costituzionale permetterà un reale cambiamento per l’ampliamento anche all’ambiente e all’integrità del territorio della tutela che l’articolo 9 della Costituzione riserva al paesaggio, introducendo il calcolo dei costi ambientali e sociali indiretti nelle scelte di politica economica, e permettendo a Regioni e Comuni di partecipare alle decisioni relative al proprio destino energetico con l’esercizio della loro sovranità e vocazionalità.
I protagonisti del cambiamento siano i cittadini, i territori, i beni comuni.
E per fare questo occorre porli al centro del sistema di diritti garantito dalla Costituzione, valorizzare le collettività territoriali, tutelare i beni comuni.
Per questo il 4 dicembre noi votiamo NO!
Primi firmatari:
Livio de Santoli (professore ordinario di Energy Management – Università “La Sapienza”)
Angelo Consoli (Presidente del Circolo Europeo per la Terza Rivoluzione Industriale)
Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UNIVERDE)
Enzo Di Salvatore (Costituzionalista)
Erasmo Venosi (Professore di Fisica, esperto di Economia ambientale)
Yvan Sagnet (Attivista per i diritti umani, Vice Presidente del CETRI-TIRES)
Mario Agostinelli (Presidente dell’Associazione “Energia felice”)
Nicola Conenna (Presidente della Fondazione Hydrogen University)
Angelo Barbato (Medico, autore del libro Malattia Zero)
Marzia Mastrorilli ( NAC – No Al Carbone Brindisi)
Giorgio Alessandri (Presidente dell’Associazione Park & Forest Rangers)
Caterina Vitiello (Coordinatrice Gruppo interprovinciale pugliese NO TAP/NO FOSSILI)
Rolando Roberto (Imprenditore delle rinnovabili)
Stefano Zago (Direttore TA1 – Tele Ambiente)
Francesco Fulvi (Architetto-coordinatore progetto di edilizia sostenibile Modulo ECO-Parma)
Andrea Gardini (Medico-Esperto di Sanità Sostenibile – Città di Castello)

*Livio de Santoli, ordinario di impianti e fisica tecnica e delegato per l’Energia e l’edilizia dell’Università La Sapienza

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